Intervista de “La Stampa” a Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio: “Servono canali di ingresso regolari. L’Italia diventi un porto sicuro europeo, i centri in Albania non sono la soluzione” TAGS:

Le guerre sono in aumento, non ha senso alzare muri. Ma l'Ue non lasci solo il nostro Paese

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Soltanto allargando i canali regolari si possono limitare altre tragedie, sostiene Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio commentando l’ennesima strage di vite nel Mediterraneo.
Se i dati degli ultimi due naufragi fossero confermati, nel 2024 il numero dei morti e dispersi nel Mediterraneo centrale salirebbe a una media di quasi 5 morti e dispersi al giorno. Qual è la sua reazione di fronte a queste cifre?
«Di tristezza e cordoglio per le persone scomparse. Di rabbia perché non riusciamo a renderci conto che il primo problema da affrontare in materia di migranti è il salvataggio delle vite umane. Va riconosciuto che l’Italia sta facendo un lavoro enorme. E’ sempre più sola nel compito di salvare vite ma ci sta riuscendo grazie all’attività svolta dalla Capitaneria di porto e dalle altre forze marittime che assicurano il soccorso dell’86% dei naufragi in mare. Mentre le Ong intervengono nel restante 14%, ong, un ruolo marginale ma necessario».
Anche in questi ultimi due naufragi le prime ad arrivare sono state due ong, Medici senza frontiere e Sos Méditerranée, eppure c’è stata un’accesa campagna contro di loro.
«Non sono d’accordo con chi sostiene che rappresentino un incoraggiamento alle partenze. Senza di loro i morti in mare sarebbero ancora di più. Noi chiediamo che l’Italia diventi un porto sicuro europeo. E’ essenziale che l’Unione europea venga in soccorso con un impegno economico adeguato per predisporre centri di prima accoglienza che abbiamo una capienza capace di rispondere ai bisogni dei migranti».
Secondo il ministero dell’Interno gli arrivi sono in calo. Lo possiamo considerare un dato positivo?
«Gli arrivi sono in calo per effetto degli accordi con la Turchia, la Libia e la Tunisia. Si interviene attraverso una esternalizzazione del problema – un ragionamento europeo non solo italiano – che non risponde ai bisogni dei migranti di avere un futuro. In questo periodo storico stiamo assistendo a una crescita delle guerre, quella che papa Francesco ha definito la guerra mondiale a pezzi. Ci sono nuovi Paesi coinvolti in conflitti dal Sudan alla Siria, Gaza, abbiamo il Libano che sta esplodendo: sono situazioni di fronte alle quali sollevare muri è dannoso. Ma non è tutto. C’è poi il tema delle nostre economie. Come ha spiegato il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta abbiamo un grandissimo bisogno di persone anche da fuori che le sostengano».
Anche il governo italiano ha adottato la stessa linea. Giorgia Meloni ha fondato la sua politica in materia di migranti sugli accordi con la Tunisia, la realizzazione di un centro in Albania e nel frattempo ponendo un freno all’attività delle Ong. Che ne pensa?
«Non è il la strada giusta per affrontare questo problema».
Qual è la strada?
«Servono flussi regolari che non vuol dire aprire le porte a tutti ma lavorare con accordi diretti con i Paesi da cui arrivano i migranti offrendo nuove soluzioni in loco e allargando un po’ le maglie dell’emigrazione regolare. Soltanto allargando i canali regolari si possono limitare altre tragedie».
Il tema migranti è un problema che andrebbe affrontato a livello europeo. Ci vorrebbe una nuova Mare Nostrum dicono in molti e una politica di accoglienza comune. Le sembra un obiettivo realizzabile con il parlamento appena eletto?
«Bisogna uscire dal clima di campagna elettorale permanente con cui viene affrontato il tema migratorio. Ci vogliono soluzioni strutturali e cercare di ricordarsi il motivo per cui siamo un’unione. La solidarietà non deve essere riferita solo a noi europei ma allargata anche ad altri popoli».

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